05 Giugno 2022

La forza del contesto, la necessità di una visione

Il Coordinamento Filcams dei delegati delle farmacie della provincia di Firenze ci chiede di pubblicare questa “Lettera aperta ad Assofarm”, e volentieri la diffondiamo anche da qui.

Dopo un lungo stato di agitazione, quasi alla fine del ciclo di scioperi territoriali proclamati unitariamente a sostegno della trattativa di rinnovo del nostro contratto nazionale di lavoro, sull’onda della partecipazione dei colleghi che rappresentiamo, ovunque superiore al 90%, e dell’incontro di trattativa che abbiamo visto poi svolgersi il 31 maggio a Bologna, rileggendo le comunicazioni del dott. arch. Venanzio Gizzi che già da prima invitava i sindacati che ci rappresentano alla “maturità del compromesso”, e quindi alla moderazione nelle richieste, agitando in caso contrario lo spauracchio delle privatizzazioni e guardando comunque al nostro lavoro solo come a un costo, sentiamo il bisogno di esprimere il nostro punto di vista sul contesto attuale e sulla visione del futuro espressa da Assofarm con le sue proposte al tavolo e con le comunicazioni inviate nelle farmacie, come già hanno fatto in questi mesi colleghi di altri territori.

Lavoriamo nelle farmacie comunali, eroghiamo ogni giorno servizi ai cittadini oltre che dispensare farmaci, conosciamo bene perché li viviamo ogni giorno i cambiamenti che hanno impattato sulla farmacia negli ultimi vent’anni. L’abbassamento della media ricetta, i servizi affidati da Regioni e ASL alle farmacie ma senza remunerarli, i Comuni che per considerazioni spesso estranee alle condizioni di bilancio o al valore del servizio hanno scelleratamente venduto quote o titolarità spesso a multinazionali della distribuzione farmaceutica per fare cassa, è vero che negli anni è successo questo. Noi in quegli anni eravamo come sempre in farmacia a dare il servizio, di altri è la responsabilità di aver rappresentato le farmacie e i Comuni ai tavoli con i vari Governi.

C’eravamo noi in farmacia anche durante la pandemia, partecipiamo al dibattito professionale, abbiamo visto le farmacie fare uno sforzo enorme durante l’emergenza Covid per rimanere a battenti aperti, per garantire l’accesso ai farmaci anche con gli ambulatori chiusi, per distribuire le mascherine, e poi iniziare a fare i test sierologici, e poi i tamponi diagnostici e poi le vaccinazioni. Le farmacie comunali in prima linea ad aumentare i servizi secondo i bisogni dei cittadini, con gli stessi organici e un mercato del lavoro che rendeva difficile adeguarli. Lo hanno fatto le farmacie significa che lo abbiamo fatto noi, lo sforzo. C’eravamo noi in farmacia a stringere i denti, a lavorare 8 ore e più con la FFP2, a formarci la sera con ECM a distanza sulle nuove mansioni, e intanto anche a sostituire i colleghi che via via il Covid lo prendevano in tanti, pre o post vaccino.

Abbiamo visto FOFI spingere sulle nuove mansioni come elemento forte del nostro futuro professionale. Abbiamo visto il Ministero della Salute valorizzare più volte il rinnovato ruolo delle farmacie sul territorio come presidio sanitario di prossimità. Valore sanitario rinnovato durante la pandemia, e quindi dopo vent’anni di tagli la farmacia è stata rifinanziata per la prima volta dal decisore politico, anche se per ora sperimentalmente. Valore rinnovato in virtù di uno sforzo a sostegno della sanità territoriale che nelle farmacie comunali è stato sicuramente dovuto al nostro lavoro, visto che le dirigenze aziendali stavano come sempre negli uffici e non nelle farmacie, spesso non sono neanche farmacisti. Abbiamo sentito dal palco di Cosmofarma 2021 il Ministro della Salute Speranza annunciare la firma allora appena avvenuta del rinnovo del CCNL Federfarma, dichiarando che il Ministero, più volte interpellato dai nostri sindacati, aveva fortemente sollecitato le associazioni datoriali delle farmacie in questa direzione, nell’affidargli un ruolo nella campagna vaccinale e nel riconoscergli la remunerazione aggiuntiva 2021/2022.

Ci chiediamo a questo punto se il Ministro abbia sollecitato la sola Federfarma.

Ci pareva di no, a leggere le dichiarazioni dello stesso Presidente Gizzi a primavera 2021, quando parlava di un contratto “che possa finalmente nei numeri economici riconoscere il valore sanitario dei nostri professionisti, che è parte integrante di quel patrimonio di credibilità che il mondo delle farmacie comunali ha costruito in questi anni e che gli ha permesso di giocare un ruolo autorevole nella gestione istituzionale della crisi”.

Peccato avergli poi sentito dire poche settimane fa che “il nostro contratto costa il 30% in più del contratto delle farmacie private, mentre il lavoro che fanno i dipendenti è esattamente lo stesso”…. Eh no! Riteniamo inaccettabili e pretestuosi entrambi gli elementi di questa affermazione, proprio perché conosciamo bene i contratti, le strutture aziendali diverse e il lavoro che si fa nelle farmacie. Il nostro stipendio tabellare è quasi uguale a quello dei colleghi che lavorano in farmacia privata, e negli elementi economici accessori tipo l’indennità speciale ha anche qualche elemento peggiorativo, anche se è vero che è più solido nel garantire diritti in situazioni particolari come la maternità o la malattia. Ma se il costo del lavoro nelle farmacie comunali è più alto che in una farmacia privata la maggior parte del differenziale dipende dalle strutture aziendali diverse, gli uffici centrali, le dirigenze, non certo dagli stipendi di chi lavora in farmacia. Proprio per le strutture aziendali diverse sarebbe interessante comparare altrettanto i margini di acquisto di un gruppo di farmacie comunali con quelli di una singola farmacia privata, perché di un bilancio non si può guardare solo l’incidenza del costo del lavoro. Le aziende in cui lavoriamo sono tutte in attivo, e quando vediamo accadere qualche incidente in un bilancio di solito non è il costo del nostro lavoro a determinarlo. Le scelte sui piani industriali e d’investimento non competono a chi sta in farmacia, e anche se qualche volta ne intravediamo i limiti non siamo noi che le prendiamo.

Il nostro lavoro, le nostre competenze, la nostra motivazione e il nostro senso d’appartenenza dovrebbero secondo noi essere guardati dalle aziende per cui lavoriamo come capitale primario su cui investire. Non è lo stesso lavoro, dottor Gizzi. Sul serio siete convinti che le mansioni siano le stesse? Nelle farmacie private l’attività gestionale, la responsabilità di fronte agli organi di controllo e qualunque decisione sono in prima persona del titolare, mentre nelle farmacie comunali sono responsabilità personale del direttore o del facente funzione, e spesso l’organizzazione interna della farmacia prevede anche ulteriori deleghe organizzative assai poco comuni nelle farmacie private. Nelle vostre farmacie noi dipendenti siamo responsabili di ogni attività vi si svolga, e ne rispondiamo in prima persona. Vogliamo parlare anche degli orari di apertura, che dal 2012 in poi specie nelle farmacie comunali hanno perso qualunque relazione coi turni di guardia farmaceutica perché le aperture domenicali fanno fatturato e le farmacie sono anche negozi? Dell’uso della flessibilità e della banca ore che rendono già ora “desueto” come le piace dire il pagamento degli straordinari?

Non sono le stesse mansioni, non sono gli stessi orari di lavoro, e per lo stesso stipendio a lavorare con noi non ci viene più nessuno. Non ve ne siete ancora resi conto?

Il mercato del lavoro dei farmacisti è completamente diverso da quello di pochi anni fa, vediamo le nostre aziende fare ricerche di personale che vanno diserte, non solo per le sostituzioni a tempo determinato. Qualche volta anche i bandi per i tempi indeterminati selezionano colleghi che poi rifiutano di venire alle condizioni contrattuali proposte. Questo ci preoccupa, come ci preoccupa vedere colleghi che vanno via durante il periodo di prova perché gli orari di apertura e quindi i nostri turni di lavoro sono peggiori che nelle farmacie private da cui provengono e a cui tornano. Le farmacie private inoltre per tenersi i collaboratori esperti hanno la leva della contrattazione individuale, che nelle aziende strutturate e a capitale pubblico come quelle in cui lavoriamo noi giustamente non esiste.

Riteniamo che nel genere di rinnovo che Assofarm ci propone ci sia una sottovalutazione grave di questa dinamica occupazionale, che potrebbe mettere a rischio il futuro delle aziende depauperandone gli organici sia per numeri che per competenze. Abbiamo sottolineato anche negli incontri coi Sindaci questo elemento di preoccupazione, prima di arrivare a fare sciopero anche noi in Toscana come già tanti altri colleghi altrove.

Vedere quasi tutte le farmacie chiuse, quasi tutti i vostri dipendenti in piazza a chiedervi più attenzione, a dirvi che siamo stanchi, che non potete pensare di farci monetizzare i permessi e lavorare più ore perché non trovate personale, che non potete chiederci di fare tutta la farmacia dei servizi passata presente e futura (dai test di prima istanza, a tutte le vaccinazioni, alla pharmaceutical care e tutta la formazione che sarà necessaria) per 20 euro lordi al mese, che ci lascia perplessi anche la richiesta di aumentare la precarietà mentre i farmacisti non si trovano più, non vi ha indotti a riflettere sul momento? Sul recente passato senza rinnovo del contratto, sulla fatica e le mansioni nuove che in questi due anni ci sono piovuti addosso, che abbiamo comunque portato avanti con responsabilità, e sul futuro prossimo delle farmacie pubbliche? Sulla fatica che fanno le nostre aziende a trovare farmacisti? Una volta venire a lavorare nelle farmacie comunali era un obiettivo professionale, c’era la fila di colleghi a fare i concorsi, ora come ora sembra che sia un incidente che può capitare solo a un neolaureato (e comunque se ne laureano sempre meno). Ci fa paura, sul serio, la mancanza di consapevolezza del contesto occupazionale con cui avete completato la vostra proposta di rinnovo il 31 maggio a Bologna.

Gli 84 euro che ci avete proposto a Bologna sono estremamente distanti dalla richiesta di 130 che abbiamo fatto in piattaforma nel lontano 2016 alla scadenza del contratto, e insultanti rispetto alla mole di lavoro che ci è stata chiesta in questi anni dall’evoluzione della farmacia e dalla pressione dell’emergenza pandemica, ma furbescamente sono anche meno del costo contrattuale del rinnovo Federfarma a cui dite di ispirarvi (sul cui incremento tabellare andrebbero aggiunti l’ assistenza sanitaria, l’ente bilaterale, e volendo potremmo anche aprire una discussione su quanti di noi per mansioni che facciamo nelle vostre farmacie rientrerebbero nella declaratoria del livello Q2).

Anche peggio, se possibile, è stato rendersi conto che per 20 euro ci stavate davvero chiedendo di fare tutta la farmacia dei servizi anche futura, e non solo quella che siamo già abilitati a fare. Nel momento in cui le nostre delegazioni nazionali vi hanno chiesto di restringere la declaratoria di quell’articolo al presente, da holter, autoanalisi ed ecg a comprendere tutte le vaccinazioni, avete tolto dal tavolo anche quei miserrimi 20 euro lordi dicendo esplicitamente che non vi interessa pagarci quello che facciamo già.

Qui c’è qualcosa che stride. Nella discussione professionale ci era parso di capire che le vaccinazioni prima Covid e poi antinfluenzale in farmacia fossero un obiettivo importante raggiunto, i Protocolli col Governo parlano per la prima volta di remunerazione dell’atto professionale, e nel contratto Federfarma è stata prevista la remunerazione dell’atto vaccinale. Quando ve l’abbiamo chiesta anche per noi, l’avete chiamata “cottimo”. Ci risulta che parecchi atti sanitari siano remunerati a prestazione ai professionisti anche dipendenti, e che nessun altro abbia mai parlato di cottimo in proposito. Comunque se nelle farmacie comunali non vi interessa che facciamo le vaccinazioni questa è una delle scelte gestionali che a voi competono, ricordiamo che nei Protocolli è una mansione ad adesione volontaria per le farmacie come per i farmacisti.

Non si fanno le stesse mansioni che nelle farmacie private, le aziende non sono organizzate nello stesso modo, ogni giorno siamo comunque noi dipendenti a tirare su il bandone e metterci il camice, a prenderci tutte le responsabilità, ad assicurare tutti i servizi ai cittadini, a formarci per farlo sempre meglio e di più, per dare modo a voi e ai sindaci di rivendicare l’utilità e la differenza delle farmacie pubbliche, e per creare col nostro lavoro i margini con cui sosteniamo il bilancio sociale delle aziende e dei Comuni.

C’è bisogno ora di un rinnovo contrattuale che riconosca il lavoro che facciamo, perché al posto del riconoscimento anche economico della professionalità che spendiamo tutti i giorni avere pacche sulle spalle e nient’altro dopo un po’ sembra una beffa, e il futuro delle farmacie pubbliche e della farmacia dei servizi nel contesto attuale non può che passare dall’investimento nel personale che ci lavora dentro.

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